Riflettevo oggi a proposito della cattiveria. Il tema è universale, e, sebbene lo spunto mi sia venuto da fatti e persone attraverso gli avatar, non vedo molta differenza nell’essenza della perfidia manifestata in un mondo virtuale o in uno reale.
Si può trattare di quella forma blanda di vendetta, di rivalsa, o… vattelappesca che cosa sia, che è il dispetto, oppure la volontà consapevole di ferire qualcuno per vederlo soffrire; in ogni caso ci s’ingegna per creare ostacoli, e con uno sgambetto malevolo, fare andare a gambe all’aria la sventurata vittima.
Il caso che mi ha spinto a questa breve puntualizzazione, è decisamente da manuale. Intanto perché si tratta di donne, e poi perché c’è di mezzo l’invidia. Mi sono sempre chiesta se io sia invidiosa. Quando vedo certe persone mi capita di pensare “anche io vorrei essere… avere… fare…” Quindi direi che sono invidiosa. Però è un’invidia aggiuntiva diciamo, mai sottrattiva. Non desidero che la persona che io invidio non possegga, non sia, non faccia…
Per questo non mi ritrovo nel percorso mentale di chi, viceversa, agisce non per sé ma contro gli altri. Credo che sia soprattutto una questione di pigrizia la mia. Le persone che tramano, organizzano, usano le loro energie “contro”, invece che “per” devono fare il doppio di fatica, io credo.
E poi, mettiamo che mi stia antipatico qualcuno, io faccio in modo di averci a che fare meno possibile. Lo evito, lo circumnavigo, lo oltrepasso. Ma se invece sto a scervellarmi su come posso danneggiarlo, va a finire che passo il mio tempo a pensarci come un innamorato fresco di giornata.
Per concludere, credo che la cattiveria, o comunque l’agire a fin di male, non sia segno di grande intelligenza. Si innestano reazioni a catena fastidiose, che prima o poi ci piombano addosso. Con questo non voglio dire che sia meglio essere buoni: è meglio essere giusti. Ragionevolmente realisti e giusti. Con un “quanto basta” di cinismo che ci metta al sicuro anche dalle aggressioni degli adulatori.